lunedì 17 giugno 2013

Terrorismo Nero e Terrorismo Rosso: gli anni di Piombo.




Per anni di piombo si intende in Italia quel periodo, che comprende gli anni Settanta e gli inizi degli anni Ottanta, in cui si verificò un'estremizzazione della dialettica politica che si tradusse in violenze di piazza, in lotta armata e terrorismo sia di destra che di sinistra.

Il primo caso di scontro violento del movimento del '68 contro le forze dell'ordine si ebbe a Roma il 1º marzo 1968 durante la cosiddetta Battaglia di Valle Giulia. Il primo morto degli anni di piombo è spesso considerato Antonio Annarumma, ucciso il 19 novembre 1969 a Milano, mentre il primo atto della strategia della tensione che caratterizzò quegli anni fu la strage di piazza Fontana avvenuta a Milano il 12 dicembre 1969 nella quale trovarono la morte 16 persone e 88 rimasero ferite (non considerando le bombe del 25 aprile di quell'anno a Milano, che non causarono morti).

Nell'immaginario collettivo molti associano questo periodo alle imprese di alcune organizzazioni extraparlamentari di sinistra, come Lotta Continua o il Movimento Studentesco o altre attive negli anni Settanta, o realmente terroristiche come Prima Linea e le Brigate Rosse o altre, attive al di fuori dell'Italia.

L'inizio dei cosiddetti "anni di piombo" si sovrappone al periodo della contestazione del Sessantotto, che interessò l'Italia e l'Europa.

Il 1969 fu un anno ancora denso di contestazioni. Dopo le proteste studentesche arrivarono le lotte dei lavoratori per i rinnovi contrattuali, con forti contrasti nei posti di lavoro e nelle fabbriche. Era il cosiddetto "autunno caldo".

Il 25 aprile di quell'anno scoppia un ordigno a Milano, al padiglione FIAT della Fiera provocando diversi feriti gravi, ma nessun morto, e una bomba viene ritrovata all'Ufficio Cambi della Stazione Centrale. Qualche mese dopo, il 9 agosto vengono fatte scoppiare otto bombe su diversi treni, che provocano 12 feriti.

Nella notte tra il 7 e l'8 dicembre 1970 l'ex comandante fascista Junio Valerio Borghese, a capo del Fronte Nazionale, tenta un colpo di stato che passerà alla storia come Golpe Borghese e che, per motivi non chiariti, viene improvvisamente annullato mentre è in fase di avanzata esecuzione.

Nel quadro di quella che verrà poi definita da alcuni storici come "strategia della tensione", la società sembra sempre più divisa e si formano gruppi che fanno politica extraparlamentare e non rifiutano la violenza. Negli ambienti più estremi si passa alla clandestinità e alla lotta armata. Nella società si genera sempre più un clima di insicurezza e pericolo, anche perché non vengono compiuti soltanto attentati clamorosi, ma si verifica uno stillicidio continuo di attacchi contro obiettivi minimi, singoli cittadini, forze dell'ordine, fattorini di banca, in esecuzione di disegni talvolta rimasti ignoti e misteriosi. Tra le forze governative e nell'opinione pubblica moderata prende piede la teoria degli opposti estremismi.

In questa logica una fetta crescente dei cittadini, non solo appartenente all'elettorato tradizionalmente conservatore, si rassegna ad accettare una risposta di tipo "militare" da parte dello Stato e a giustificare l'adozione di provvedimenti restrittivi della libertà individuale.

I partiti di governo - la Democrazia Cristiana, il Partito Socialdemocratico, il Partito Repubblicano, il Partito Liberale e il Partito Socialista , rafforzati dal sostegno del Partito Comunista, trovarono l'intesa politica per elaborare una serie di leggi per far fronte alla situazione di crisi che il paese stava vivendo.



La cosiddetta emergenza terrorismo provoca una involuzione poliziesca dello Stato italiano, con una diminuzione delle libertà costituzionali ed un ampliamento della discrezionalità delle forze di polizia. 


Il 16 marzo 1978 l'agguato di via Fani a Roma, con lo sterminio della scorta e il sequestro e il successivo assassinio dell'allora Presidente della Democrazia Cristiana, l'on. Aldo Moro consumato il 9 maggio 1978 da un commando delle Brigate Rosse, che definirono l'azione come "attacco al cuore dello Stato". Nelle narrazioni ufficiali degli avvenimenti sono rimasti diversi punti oscuri, e nel tempo è stato confermato che l'organizzazione terroristica fosse stata più volte infiltrata dai servizi segreti occidentali.

In seguito all'omicidio, il 10 maggio 1978, l'allora Ministro dell'Interno Francesco Cossiga si dimise. Il generale dei Carabinieri Carlo Alberto Dalla Chiesa fu incaricato il 10 agosto successivo (con decreto dell'allora Presidente del Consiglio dei ministri Andreotti) di coordinare la lotta contro il terrorismo. Dalla Chiesa impiegò tecniche innovative nelle indagini sul terrorismo ed ottenne notevoli risultati. Nel 1982 fu inviato in Sicilia come prefetto per la lotta alla mafia ma, privo delle risorse e del sostegno politico del quale aveva goduto nel precedente incarico, fu totalmente lasciato solo e cadde assassinato dalla mafia a Palermo, assieme alla giovane moglie, il 3 settembre 1982.

L'anno con più vittime fu il 1980 in cui morirono 125 persone, di cui 85 nella strage della stazione centrale di Bologna.


Lentamente verso il finire del decennio gli episodi di violenza scemarono. In particolare crollò il sostegno alle Brigate Rosse dopo l'assassinio dell'operaio Guido Rossa nel 1979. Rossa aveva denunciato un suo collega sorpreso a distribuire materiale di propaganda delle BR.

La fine degli anni di piombo non significò la fine del terrorismo ma il succedersi di singoli attentati e singoli episodi tendenti ad agire sui conflitti sociali e politici non riuscì più a mettere in pericolo la forma costituzionale-parlamentare dello stato.

Ci furono dei colpi di coda all'inizio degli anni ottanta ed anche molto dopo. Furono comunque episodi relativamente isolati. L'idea che la lotta armata potesse essere un mezzo per risolvere i conflitti sociali aveva perso alquanto credito anche nelle ali estreme di entrambi gli schieramenti politici.

Non pochi scrittori e opinionisti ritengono gli anni settanta in Italia un'occasione mancata. Essi ritengono che, a seguito dello sviluppo economico e culturale degli anni sessanta, i tempi avrebbero potuto essere maturi per affrontare in maniera incisiva i problemi storici - tra i quali lo squilibrio strutturale tra nord e sud del Paese che fu spesso chiamato questione meridionale e lo strapotere della criminalità organizzata - ma anche per stabilire un'economia industriale moderna e ben regolamentata.

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