lunedì 24 giugno 2013

Photoshop e la gestione dei colori

Adobe Photoshop è un software proprietario prodotto dalla Adobe Systems Incorporated specializzato nell'elaborazione di fotografie (fotoritocco) e, più in generale, di immagini digitali.
Questo programma è in grado di effettuare ritocchi di qualità professionale alle immagini, offrendo enormi possibilità creative grazie ai numerosi filtri (filters in inglese) e strumenti che permettono di emulare le tecniche utilizzate nei laboratori fotografici per il processamento delle immagini, le tecniche di pittura e di disegno.
Un'importante funzione del programma è data dalla possibilità di lavorare con più "livelli", permettendo di gestire separatamente le differenti immagini che compongono l'immagine principale.




La prima versione di Photoshop risale al 1990 ad opera dei fratelli Knoll, figli di un fotografo, che idearono il programma per agevolare il lavoro del padre.
La versione attualmente disponibile in italiano è la CS6: la numerazione ordinaria del programma è stata modificata con la pubblicazione di Adobe Photoshop CS, che corrisponderebbe in realtà alla 8.0. La nuova sigla ricorda che il software è parte integrante della Adobe Creative Suite, un pacchetto di software per l'elaborazione grafica comprendente, oltre a Photoshop, anche Illustrator, InDesign, Version Cue, Bridge, Stock Photos (nel pacchetto standard), a cui si aggiungono GoLive e Acrobat Professional nella versione Premium. Tutti i componenti della Creative Suite vengono venduti anche separatamente.

Il PSD è un formato di file grafico di Adobe Photoshop, in grado di salvare un'immagine completa di tutti i livelli che la compongono. Un'immagine salvata in formato proprietario Adobe, ha il vantaggio di essere lavorabile in fasi successive. Lo svantaggio è dato dalle dimensioni eccessive che non rendono agevole il suo trasferimento, se non usando idonee connessioni veloci o supporti adeguati.
Si tratta di un formato particolarmente ricco di dettagli e informazioni sull'immagine. Rappresenta per la sua completezza un buon punto di partenza per i professionisti della grafica, per ottenere quasi qualsiasi altro tipo d'immagine. Il formato supporta anche le animazioni basate su livelli.


Bilanciamento del colore

In fotografia e nell'elaborazione delle immagini, con bilanciamento del colore si intende la regolazione dell'intensità dei vari colori (solitamente rosso, verde e blu, i colori primari). L'obiettivo principale di questa regolazione è ottenere la rappresentazione corretta di un colore – solitamente uno dei colori neutri – per questo motivo di solito il metodo si chiama bilanciamento del grigio o bilanciamento del bianco. Il bilanciamento del colore cambia la miscelazione dei colori ed è utilizzata per la correzione dei colori; versioni generalizzate del bilanciamento dei colori sono utilizzate per rendere corretta e più piacevole la rappresentazione di colori non neutri.
I dati dell'immagine acquisiti dal sensore – che sia la pellicola fotografica o il sensore ottico elettronico – devono essere trasformati da quelli acquisiti originariamente a quelli adatti alla riproduzione a colori o ad essere visualizzati su un monitor. Alcuni aspetti del processo di acquisizione e visualizzazione rendono la correzione dei colori indispensabile – compreso il fatto che il sensore usato nell'acquisizione dell'immagine non collima con i sensori dell'occhio umano per cui le caratteristiche del dispositivo di visualizzazione devono essere tenute in conto come deve essere considerata anche la differenza fra l'ambiente in cui è avvenuta l'acquisizione e quello dove avviene la visualizzazione.
L'operazione di bilanciamento del colore nei programmi per il fotoritocco avviene operando direttamente sui valori dei canali rosso, verde e blu dei pixel senza considerare i modelli di rappresentazione e di riproduzione del colore. Utilizzando la pellicola, il bilanciamento si ottiene utilizzando dei filtri colorati posti sulla sorgente luminosa o sull'obiettivo della fotocamera.



Ci sono anche altre forme di correzione dell'immagine attraverso Tonalità/Saturazione, Luminosità /Cotrasto e correzione selettiva.

venerdì 21 giugno 2013

Packaging


Packaging is very important because invites the consumer to buy the product. Packaging serves to preserve, contain, protect and at the same time advertise and sell the produce. People recognize produce by their labels, colours and shapes. Packages have to be functional, creative, advertising vehicles. In the US Pop Art promoted the use of packaging as an expression of society. An important Pop Artist was Andy Warhol.

Canning experiments in France helped to conserve food in glass containers. In the 1850s decoratives labels helped to sell of a product. Label is piece of paper or cloth which is attached to an object to show what it’s or what it containers. Plastic is easily moulded and can com in bright colors and light weight.
The later part of 20th-century and the early part of the 21st-century new technology, computer-aided design, new materials, demographic changes and changing consumer needs have had an important impact on design.

Coca Cola

The famous Coca-Cola script was designed by an amateur, Frank Robinson. The bottle is the most recognizable icons in the world that symolize the youthful exuberance of America. The Coca- Cola Story began in 1886 when john Pemberton invented the formula for Coca-Cola syrup. One the most famous shape is that of the Coca-Cola bottle. Coca is also sold in cans and plastic but ads for Coke always show the original glass bottle. The green glass vessel designed by the Roof Glass Company Indiana and introduced in 1915.






POP ART



La Pop Art rappresenta il movimento artistico più celebrato del XX secolo; nata in Inghilterra nei primi anni Cinquanta e poi sviluppatasi negli Stati Uniti (patria di musei e artisti dal futuro promettente), la corrente si ispira alla società consumistica e prende suggerimenti da pubblicità, da oggetti tipici del quotidiano, dai fumetti e quant'altro. E' considerata una reazione all'Espressionismo astratto.
Il termine Pop Art (Arte popolare) venne usato per la prima volta dal critico britannico Lawrence Alloway: i soggetti delle opere che ogni artista si accinge a proporre sono scelti dalla quotidianità oppure ritraggono scene ispirate dagli aspetti più comuni della realtà o ancora personaggi dello spettacolo. La novità inoltre sta nel fatto che gli autori di tali bellezze hanno introdotto strumenti non certo consueti come il collage e la fotografia (non a caso alcuni di loro furono vetrinisti, designer e fumettisti). 
Noto collage, ancora oggi molto apprezzato, è quello realizzato da Hamilton, uno dei fondatori di tale corrente, che aveva ritagliato dai giornali dell'epoca alcune immagini stravaganti; si parla dunque di artisti che recepiscono un'arte sì seria ma allo stesso momento provocante. Dietro delle immagini apparentemente grottesche si celano tutte le contraddizioni dell'uomo moderno, vittima della società.
Sebbene tra gli artisti che hanno lasciato un'impronta maggiore si citi sempre il nome di Andy Warhol, è doveroso ricordare anche numerosi altri artisti fra i quali gli inglesi Richard Hamilton.
Molto celebri sono anche Roy Lichtenstein, artista nato a New York nel 1923 che lega la sua fama a fumetti dal tono ironico e dall'originale tecnica, e Tom Wesselmann, d'origine statunitense come Lichtenstein e maestro nella tecnica del collage.



Il genio indiscusso della Pop Art e sicuramente quello più conosciuto è Andy Warhol (1930-1987) che si rivolse agli oggetti simbolo della realtà americana (dalle bottigliette e dalle scatolette di zuppa ai detersivi) e ai volti famosi del cinema. Come non ricordare l'immagine di Marilyn Monroe, il primo di una lunga serie di ritratti che vide protagonisti anche Che Guevara e Mao Zedong? Nato a Pittsburgh, in Pennsylvania, e conseguito il diploma presso l'Institute of Technology, Andrew Warhola (il vero nome) lavorò inizialmente come grafico pubblicitario per poi dedicarsi completamente all'arte ?fonderà un'azienda allo scopo di commercializzare le proprie opere. Artista eccentrico e per questo criticato, ebbe comunque largo seguito per tutti gli anni Settanta e Ottanta.



Altro esponente di rilievo è Roy Lichtenstein (1923-1997), nasce a New York in una famiglia ebraica borghese: nel 1951 tiene la sua prima mostra personale alla Carlebach Gallery di New York. La sua pittura si avvicina all'espressionismo astratto e nei suoi quadri iniziano a comparire personaggi dei fumetti o dei cartoni animati, come Topolino, Paperino e Bugs Bunny. Lavora a diversi murales e nature morte e realizza opere ispirate al Futurismo, al Costruttivismo Russo e al Surrealismo.




Tecniche
se gli Inglesi concepiscono una forma d'arte meno esuberante e più attenta alla scelta dei soggetti, la Pop Art americana appare più esibizionistica, quasi volesse prendere in giro la seriosità del mondo artistico. Famose le sculture realizzate da Johns sotto forma di lattine di birra, le sculture di Oldenburg incentrate su gelati e hamburger oppure i collage di Rauschenberg.
Caratteristica comune agli artisti della Pop Art è dunque l'utilizzo di soggetti di largo consumo come cibo in scatola o lattine, ma anche di manifesti pubblicitari e fotografie tratte da riviste; l'immagine del corpo e della sessualità viene valorizzata in numerose opere che vedono protagoniste le provocanti pin up statunitensi; le tecniche principali di tale corrente artistica sono il collage (composizione ottenuta sovrapponendo frammenti di diversi materiali procurata da ritagli di giornali, fotografie, ecc.) da cui deriva il cosiddetto Combine Painting, stile pittorico creato da Robert Rauschenberg, ossia la combinazione eclettica di vari oggetti in cui applica pezzi di giornale e tessuto supportati, spesso, non più da semplici tele ma da veri e propri basamenti in legno e intelaiature. 
Artisti come Hamilton hanno fatto largo uso della tecnica del fotomontaggio, un procedimento artistico simile al collage attraverso il quale si realizza un'immagine mettendo insieme frammenti fotografici che diano l'impressione di un'unica composizione, spesso ironica.

mercoledì 19 giugno 2013

La formula matematica del Retina display



Il Retina display è una delle caratteristiche di Apple di maggior successo: permette di vedere, navigare, giocare e leggere meglio tramite una definizione migliore delle immagini, dei colori e dei caratteri. Dietro questa tecnologia c’è una complessa opera di ingegnerizzazione per ridurre la grandezza degli elementi per raddoppiarne il numero.
Apple ha dato il nome Retina perchè, in teoria, l’occhio umano non è in grado di vedere i singoli pixel. In realtà l’occhio umano è leggermente più definito del Retina display, quindi come fa Apple a dirlo? Dietro tutto questo c’è una formula matematica che calcola la distanza dell’occhio dallo schermo per rendere irriconoscibili i singoli pixel.
Lo schermo dell’iPhone 4/4S ha una densità di pixel di 326 ppi e l’occhio non può riconoscere i singoli pixel da una distanza di 24,4 centimetri o superiore. Per l’iPad 3, che ha una densità di pixel di 264 ppi, l’occhio non riconosce i pixel a una distanza di 38,1 centimetri o superiore.
Quindi in teoria a distanza inferiori dovreste riuscire a riconoscere i pixel.

lunedì 17 giugno 2013

Terrorismo Nero e Terrorismo Rosso: gli anni di Piombo.




Per anni di piombo si intende in Italia quel periodo, che comprende gli anni Settanta e gli inizi degli anni Ottanta, in cui si verificò un'estremizzazione della dialettica politica che si tradusse in violenze di piazza, in lotta armata e terrorismo sia di destra che di sinistra.

Il primo caso di scontro violento del movimento del '68 contro le forze dell'ordine si ebbe a Roma il 1º marzo 1968 durante la cosiddetta Battaglia di Valle Giulia. Il primo morto degli anni di piombo è spesso considerato Antonio Annarumma, ucciso il 19 novembre 1969 a Milano, mentre il primo atto della strategia della tensione che caratterizzò quegli anni fu la strage di piazza Fontana avvenuta a Milano il 12 dicembre 1969 nella quale trovarono la morte 16 persone e 88 rimasero ferite (non considerando le bombe del 25 aprile di quell'anno a Milano, che non causarono morti).

Nell'immaginario collettivo molti associano questo periodo alle imprese di alcune organizzazioni extraparlamentari di sinistra, come Lotta Continua o il Movimento Studentesco o altre attive negli anni Settanta, o realmente terroristiche come Prima Linea e le Brigate Rosse o altre, attive al di fuori dell'Italia.

L'inizio dei cosiddetti "anni di piombo" si sovrappone al periodo della contestazione del Sessantotto, che interessò l'Italia e l'Europa.

Il 1969 fu un anno ancora denso di contestazioni. Dopo le proteste studentesche arrivarono le lotte dei lavoratori per i rinnovi contrattuali, con forti contrasti nei posti di lavoro e nelle fabbriche. Era il cosiddetto "autunno caldo".

Il 25 aprile di quell'anno scoppia un ordigno a Milano, al padiglione FIAT della Fiera provocando diversi feriti gravi, ma nessun morto, e una bomba viene ritrovata all'Ufficio Cambi della Stazione Centrale. Qualche mese dopo, il 9 agosto vengono fatte scoppiare otto bombe su diversi treni, che provocano 12 feriti.

Nella notte tra il 7 e l'8 dicembre 1970 l'ex comandante fascista Junio Valerio Borghese, a capo del Fronte Nazionale, tenta un colpo di stato che passerà alla storia come Golpe Borghese e che, per motivi non chiariti, viene improvvisamente annullato mentre è in fase di avanzata esecuzione.

Nel quadro di quella che verrà poi definita da alcuni storici come "strategia della tensione", la società sembra sempre più divisa e si formano gruppi che fanno politica extraparlamentare e non rifiutano la violenza. Negli ambienti più estremi si passa alla clandestinità e alla lotta armata. Nella società si genera sempre più un clima di insicurezza e pericolo, anche perché non vengono compiuti soltanto attentati clamorosi, ma si verifica uno stillicidio continuo di attacchi contro obiettivi minimi, singoli cittadini, forze dell'ordine, fattorini di banca, in esecuzione di disegni talvolta rimasti ignoti e misteriosi. Tra le forze governative e nell'opinione pubblica moderata prende piede la teoria degli opposti estremismi.

In questa logica una fetta crescente dei cittadini, non solo appartenente all'elettorato tradizionalmente conservatore, si rassegna ad accettare una risposta di tipo "militare" da parte dello Stato e a giustificare l'adozione di provvedimenti restrittivi della libertà individuale.

I partiti di governo - la Democrazia Cristiana, il Partito Socialdemocratico, il Partito Repubblicano, il Partito Liberale e il Partito Socialista , rafforzati dal sostegno del Partito Comunista, trovarono l'intesa politica per elaborare una serie di leggi per far fronte alla situazione di crisi che il paese stava vivendo.



La cosiddetta emergenza terrorismo provoca una involuzione poliziesca dello Stato italiano, con una diminuzione delle libertà costituzionali ed un ampliamento della discrezionalità delle forze di polizia. 


Il 16 marzo 1978 l'agguato di via Fani a Roma, con lo sterminio della scorta e il sequestro e il successivo assassinio dell'allora Presidente della Democrazia Cristiana, l'on. Aldo Moro consumato il 9 maggio 1978 da un commando delle Brigate Rosse, che definirono l'azione come "attacco al cuore dello Stato". Nelle narrazioni ufficiali degli avvenimenti sono rimasti diversi punti oscuri, e nel tempo è stato confermato che l'organizzazione terroristica fosse stata più volte infiltrata dai servizi segreti occidentali.

In seguito all'omicidio, il 10 maggio 1978, l'allora Ministro dell'Interno Francesco Cossiga si dimise. Il generale dei Carabinieri Carlo Alberto Dalla Chiesa fu incaricato il 10 agosto successivo (con decreto dell'allora Presidente del Consiglio dei ministri Andreotti) di coordinare la lotta contro il terrorismo. Dalla Chiesa impiegò tecniche innovative nelle indagini sul terrorismo ed ottenne notevoli risultati. Nel 1982 fu inviato in Sicilia come prefetto per la lotta alla mafia ma, privo delle risorse e del sostegno politico del quale aveva goduto nel precedente incarico, fu totalmente lasciato solo e cadde assassinato dalla mafia a Palermo, assieme alla giovane moglie, il 3 settembre 1982.

L'anno con più vittime fu il 1980 in cui morirono 125 persone, di cui 85 nella strage della stazione centrale di Bologna.


Lentamente verso il finire del decennio gli episodi di violenza scemarono. In particolare crollò il sostegno alle Brigate Rosse dopo l'assassinio dell'operaio Guido Rossa nel 1979. Rossa aveva denunciato un suo collega sorpreso a distribuire materiale di propaganda delle BR.

La fine degli anni di piombo non significò la fine del terrorismo ma il succedersi di singoli attentati e singoli episodi tendenti ad agire sui conflitti sociali e politici non riuscì più a mettere in pericolo la forma costituzionale-parlamentare dello stato.

Ci furono dei colpi di coda all'inizio degli anni ottanta ed anche molto dopo. Furono comunque episodi relativamente isolati. L'idea che la lotta armata potesse essere un mezzo per risolvere i conflitti sociali aveva perso alquanto credito anche nelle ali estreme di entrambi gli schieramenti politici.

Non pochi scrittori e opinionisti ritengono gli anni settanta in Italia un'occasione mancata. Essi ritengono che, a seguito dello sviluppo economico e culturale degli anni sessanta, i tempi avrebbero potuto essere maturi per affrontare in maniera incisiva i problemi storici - tra i quali lo squilibrio strutturale tra nord e sud del Paese che fu spesso chiamato questione meridionale e lo strapotere della criminalità organizzata - ma anche per stabilire un'economia industriale moderna e ben regolamentata.

venerdì 14 giugno 2013

Eugenio Montale: il giallo de I Limoni

Se nell’arte il colore è essenzialmente presente poiché è un elemento proprio del dipinto, nella letteratura viene utilizzato per generare legami e corrispondenze tra i sensi, con il potere di creare nella mente del lettore immagini variopinte, evocate dai componimenti. 
Il tema dei colori in letteratura è molto sviluppato, poiché essi sono la chiave di lettura che apre la porta all’intimo degli scrittori: ai colori i poeti affidano stati d’animo, sensazioni, ricordi e desideri. L'autore che ho scelto per illustrare questo tema è Eugenio Montale, autore de I Limoni.

Biografia


Eugenio Montale nacque a Genova, il 12 ottobre 1896. 
Inizia gli studi all'istituto "Vittorino Da Feltre", sebbene per lui vengano preferiti, a causa della sua salute precaria, i più brevi studi tecnici in luogo di quelli classici e venga dunque iscritto nel 1915 all'istituto tecnico commerciale "Vittorio Emanuele", dove si diplomerà in ragioneria, il giovane Montale ha la possibilità di coltivare i propri interessi prevalentemente letterari, frequentando le biblioteche cittadine.
La sua formazione è dunque quella tipica dell'autodidatta, che scopre interessi e vocazione attraverso un percorso libero da condizionamenti. Letteratura e lingue straniere sono il terreno in cui getta le prime radici la sua formazione e il suo immaginario, assieme al panorama, ancora intatto, della Riviera ligure di levante: Monterosso al Mare e le Cinque Terre, dove la famiglia trascorre le vacanze.
«Scabri ed essenziali», come egli definì la sua stessa terra, gli anni della giovinezza delimitano in Montale una visione del mondo in cui prevalgono i sentimenti privati e l'osservazione profonda e minuziosa delle poche cose che lo circondano – la natura mediterranea e le donne della famiglia. Ma quel "piccolo mondo" è sorretto intellettualmente da una vena linguistica nutrita di queste lunghe letture, finalizzate soprattutto al piacere della conoscenza e della scoperta.
Entrato all'Accademia militare di Parma, fa richiesta di essere inviato al fronte, e dopo una breve esperienza bellica viene congedato nel 1920.
Negli anni tra il '19 e il '23, conosce a Monterosso Anna degli Uberti (1904-1959), protagonista femminile in un insieme di poesie montaliane, trasversali nelle varie opere, note come "ciclo di Arletta".
È il momento dell'affermazione del fascismo, dal quale Montale prende subito le distanze sottoscrivendo nel 1925 il Manifesto degli intellettuali antifascisti di Benedetto Croce.
Montale giunge a Firenze nel 1927 per il lavoro di redattore ottenuto presso l'editore Bemporad.
Dopo l'edizione degli Ossi di Seppia del 1925, nel 1929 è chiamato a dirigere il Gabinetto scientifico letterario G. P. Vieusseux (ne sarà espulso nel 1938 per la mancata iscrizione al partito fascista); nel frattempo collabora alla rivista Solaria, frequenta i ritrovi letterari del caffè Le Giubbe Rosse e scrive per quasi tutte le nuove riviste letterarie che nascono e muoiono in quegli anni di ricerca poetica. In questo contesto prova anche l'arte pittorica imparando dal Maestro Elio Romano l'impasto dei colori e l'uso dei pennelli.
Fino al 1948, l'anno del trasferimento a Milano, egli pubblica Le occasioni e le prime liriche di quelle che formeranno La bufera e altro che uscirà nel 1956.
Le ultime raccolte di versi, Xenia (1966), dedicata alla moglie Drusilla Tanzi, Satura (1971) e Diario del '71 e del '72 (1973), testimoniano in modo definitivo il distacco del poeta - ironico e mai amaro - dalla Vita con la maiuscola. Montale è anche stato oggetto di riconoscimenti ufficiali: lauree honoris causa nomina a senatore a vita nel 1967 per i meriti in campo letterario e premio Nobel nel '75.
Morì a Milano la sera del 12 settembre 1981, un mese prima di compiere 85 anni.

La poetica e il pensiero

Montale ha scritto relativamente poco: quattro raccolte di brevi liriche, un "quaderno" di traduzioni di poesia e vari libri di traduzioni in prosa, due volumi di critica letteraria e uno di prose di fantasia. A ciò si aggiungono gli articoli della collaborazione al Corriere della sera. Il quadro è perfettamente coerente con l'esperienza del mondo così come si costituisce nel suo animo negli anni di formazione, che sono poi quelli in cui vedono la luce le liriche della raccolta Ossi di seppia.

La poesia è per Montale principalmente strumento e testimonianza dell'indagine sulla condizione esistenziale dell'uomo moderno, in cerca di un assoluto che è però inconoscibile. Tale concezione poetica – approfondita negli anni della maturità, ma mai rinnegata – non attribuisce alla poesia uno specifico ruolo di elevazione spirituale; anzi, Montale al suo lettore dice di "non chiedere la parola", non "domandare" la "formula" che possa aprire nuovi mondi. Il poeta può solo dire "ciò che non siamo": è la negatività esistenziale vissuta dall'uomo novecentesco dilaniato dal divenire storico.
Montale fa un ampio uso di idee, di emozioni e di sensazioni indefinite. Egli cerca una soluzione simbolica in cui la realtà dell'esperienza diventa una testimonianza di vita. Proprio in alcune di queste immagini il poeta crede di trovare una risposta, una soluzione al problema del "male di vivere": ad esempio, il mare (in Ossi di seppia) o alcune figure di donne che sono state importanti nella sua vita.
La poesia di Montale assume dunque il valore di testimonianza e un preciso significato morale: Montale esalta lo stoicismo etico di chi compie in qualsiasi situazione storica e politica il proprio dovere. Rispetto a questa visione, la poesia si pone per Montale come espressione profonda e personale della propria ricerca di dignità e del tentativo più alto di comunicare fra gli uomini. L'opera di Montale è, infatti, sempre sorretta da un'intima esigenza di moralità, ma priva di qualunque intenzione moralistica: il poeta non si propone come guida spirituale o morale per gli altri; attraverso la poesia egli tenta di esprimere la necessità dell'individuo di vivere nel mondo accogliendo con dignità la propria fragilità, incompiutezza, debolezza.
Montale non credeva all'esistenza di «leggi immutabili e fisse» che regolassero l'esistenza dell'uomo e della natura; da qui deriva la sua coerente sfiducia in qualsiasi teoria filosofica, religiosa, ideologica che avesse la pretesa di dare un inquadramento generale e definitivo, la sua diffidenza verso coloro che proclamavano fedi sicure. Per il poeta la realtà è segnata da una insanabile frattura fra l'individuo e il mondo, che provoca un senso di frustrazione e di estraneità, un malessere esistenziale. Questa condizione umana è, secondo Montale, impossibile da sanare se non in momenti eccezionali, veri stati di grazia istantanei che Montale definisce miracoli, gli eventi prodigiosi in cui si rivela la verità delle cose, il senso nascosto dell'esistenza.
Alcuni caratteri fondamentali del linguaggio poetico montaliano sono i simboli: nella poesia di Montale compaiono oggetti che tornano e rimbalzano da un testo all'altro e assumono il valore di simboli della condizione umana, segnata, secondo il poeta, dal malessere esistenziale, e dall'attesa di un avvenimento, un miracolo, che riscatti questa condizione rivelando il senso e il significato della vita.


I Limoni


“I limoni”, componimento appartenente alla raccolta “Ossi di Seppia”, è ciò che meglio rappresenta la poetica delle cose montaliana. Lo si può notare infatti già dal titolo della lirica.
Montale collega l’immagine dei limoni alla vita dell’uomo: innanzitutto il termine rimanda al colore giallo, acceso e vivace, e quindi emblema di una vita solare e allegra; d’altra parte però, il limone è uno degli agrumi più aspri. L’asprezza infatti è una delle caratteristiche delle vita dell’uomo, per come è vista da Montale, nella sua condizione di aridità, pervasa dal male di vivere.
Il limone però rimanda ad un altro elemento, ossia alla poetica delle cose concrete, reali e della vita quotidiana, che tutti possono cogliere. Infatti, Montale critica nella prima strofa l’atteggiamento dei poeti laureati, i quali utilizzando un linguaggio aulico e distaccato dal popolo, si ergono nella difficoltà della loro parola:

Ascoltami, i poeti laureati
si muovono soltanto fra le piante
dai nomi poco usati: bossi ligustri o acanti.
Io, per me, amo le strade che riescono agli erbosi
fossi dove in pozzanghere
mezzo seccate agguantano i ragazzi
qualche sparuta anguilla:
le viuzze che seguono i ciglioni,
discendono tra i ciuffi delle canne
e mettono negli orti, tra gli alberi dei limoni.





Essi si muovono in realtà “fra piante dai nomi poco usati”, a differenza del nostro autore, il quale sceglie una pianta che tutti conoscono, la semplice pianta del limone, alla quale tutti possono alludere. Il poeta si muove tra pozzanghere e ragazzi che giocano, tra vie contorte e orti … insomma, il nostro autore predilige la vita quotidiana a quella elevata dei poeti con l’alloro, e si rivolge in modo colloquiale direttamente al sue lettore, posto nella sua stessa situazione.

La natura descritta, è una natura in continuo movimento, tangibile e animata, ma che resta costantemente legata alla sua dimensione terrena, come “i sensi di quest’odore che non sa staccarsi da terra”.

Meglio se le gazzarre degli uccelli
si spengono inghiottite dall' azzurro:
piú chiaro si ascolta il susurro
dei rami amici nell' aria che quasi non si muove,
e i sensi di quest' odore
che non sa staccarsi da terra
e piove in petto una dolcezza inquieta.
Qui delle divertite passioni
per miracolo tace la guerra,
qui tocca anche a noi poveri la nostra parte di ricchezza
ed é l' odore dei limoni.

L’azzurro appare ancora lontano, e solo agli uccelli è concesso arrivarci. Ma è solo in questa realtà brulla e terrena che all’uomo è concessa un po’ di pace e di serenità, ora che tace la guerra. La ricchezza che al pover’uomo è concessa e della quale si accontenta, è l’umile “odore di limone”, lontano dalle ricchezze auliche e ricercate.

Vedi, in questi silenzi in cui le cose
s' abbandonano e sembrano vicine
a tradire il loro ultimo segreto,
talora ci si aspetta
di scoprire uno sbaglio di Natura,
il punto morto del mondo, l' anello che non tiene,
il filo da disbrogliare che finalmente ci metta
nel mezzo di una verità.

Le cose attorno a noi a volte sembrano quasi volersi abbandonare, e pronte a rivelare il loro intimo segreto, capace di farci accedere al senso ultimo della vita, ed è come se cercassimo quella verità che ci lega alle cose e agli altri.

Lo sguardo fruga d' intorno,
la mente indaga accorda disunisce
nel profumo che dilaga
quando il giorno piú languisce.
Sono i silenzi in cui si vede
in ogni ombra umana che si allontana
qualche disturbata Divinità

Ed è proprio nella Natura stessa che si cerca un appiglio per andare avanti: l’operazione appare quanto mai affannosa, frugando in ogni cosa attorno a noi. Ma quando finalmente giungiamo alla verità, ci rendiamo conto che anche le stesse epifanie donateci dalle cose, le divinità che abbiamo creato per farci coraggio ed andare avanti, sono ingannevoli, e non esistono che nel nostro intimo.

Ma l'illusione manca e ci riporta il tempo
nelle città rumorose dove l' azzurro si mostra
soltanto a pezzi, in alto, tra le cimase.
La pioggia stanca la terra, di poi; s' affolta
il tedio dell' inverno sulle case,
la luce si fa avara - amara l' anima.
Quando un giorno da un malchiuso portone
tra gli alberi di una corte
ci si mostrano i gialli dei limoni;
e il gelo del cuore si sfa,
e in petto ci scrosciano
le loro canzoni
le trombe d' oro della solarità.
 
E quando l’illusione finisce, si ritorna nelle città rumorose e caotiche, con l’azzurro del cielo che sovrasta il tutto. Ma quest’immagine è la perdita di ogni speranza: l’azzurro si mostra solo a pezzi, la pioggia continua affatica la terra e la noia dell’inverno sembra quasi soffocare le case. Con l’inverno la luce scarseggia, ma è proprio quell’immagine colorata e allegra di un limone, che scioglie il gelo nel cuore e che ridà all’uomo la felicità che sta cercando. Solo cercandola nelle piccole cose di tutti i giorni, l’uomo potrà tornare a sperare in una vita migliore.

È questa infatti, una delle poche poesie di Montale a cui si possa attribuire, alla fine, un significato e un messaggio positivi, in quanto lasciano aperta una prospettiva di speranza; ma la speranza consiste unicamente, per Montale, nell'estrema riduzione dell'oggetto del desiderio, in un elemento povero e comune, su cui concentrare, simbolicamente, le certezze limitate di una temporanea gioia.
Freud e il sogno come vortice di colori 

Quando ci si addormenta, la nostra mente viene invasa da avvenimenti, persone, immagini, che rappresentano il nostro più profondo io e che costituiscono il sogno.

Ho scelto il tema del sogno, associandolo con i colori, per via di una credenza popolare raccontata spesso ai bambini: si racconta, infatti, che durante la notte, venga a trovarci un ometto con un ombrello colorato e variopinto, che porta con se sogni allegri e meravigliosi.

Ma può accadere, che durante la notte, al posto dell’ometto dall’ombrello colorato, ci sia un suo “collega”, per come si potrebbe chiamare, dall’ombrello nero e cupo, che porta nella nostra mente terribili incubi. Quindi ai sogni vengono conferiti colori, che stabiliscono le nostre emozioni e i nostri sentimenti; in loro assenza, le tenebre avvolgono la nostra mente, impedendoci di sognare tranquillamente.

Chi ha attentamente studiato il mondo oscuro e misterioso dei sogni, è Sigmund Freud (1856-1939), padre della psicoanalisi.

Pochi altri movimenti intellettuali hanno avuto così larga diffusione, ed è proprio per questo motivo che la psicoanalisi è stata definita come la quarta grande rivoluzione della storia occidentale, dopo la rivoluzione copernicana, darwiniana e marxiana.

Freud è diventato uno dei protagonisti della filosofia moderna, e ciò è dovuto proprio alla portata rivoluzionaria della sua psicoanalisi. Il filosofo, con i suoi studi, ha trasformato radicalmente l’immagine dell’io, della coscienza e della personalità umana, rivelando l’esistenza di una zona buia e impenetrabile alla ragione: l’inconscio.

Il Sogno per Freud è l'appagamento di un desiderio, un fenomeno psichico pienamente valido che rappresenta le nostre istanze. Che il sogno sia un appagamento di un desiderio appare così palese che ci si sorprende come mai siano stati necessari tanti anni di studio per confermarne la veridicità.

Freud ci offre un esempio illuminante a tal proposito:

Avevo sete già prima di addormentarmi e vuotai il bicchiere d’acqua posto sul comodino accanto al mio letto. Alcune ore dopo, nel corso della notte, ebbi un nuovo attacco di sete con tutti gli inconvenienti del caso. Per procurarmi l’acqua mi sarei dovuto alzare e andare a prendere il bicchiere sul comodino di mia moglie. Sognai dunque, opportunamente, che mia moglie mi offriva da bere in un vaso; il vaso era un’urna cineraria etrusca che avevo portato a casa da un viaggio in Italia e poi regalato.
L’acqua che esso conteneva era così salata (evidentemente a causa della cenere) che fui costretto a svegliarmi. Si noti come il sogno disponga ogni cosa in modo conveniente. Dato che l’unica sua intenzione è l’appagamento di un desiderio, può essere perfettamente egoista. In realtà l’amore per la comodità non è compatibile con certi riguardi per altre persone. Probabilmente l’intervento dell’urna cineraria rappresenta un desiderio esaudito: mi dispiace di non possedere più il vaso, come del resto di non poter raggiungere il bicchiere di mia moglie. L’urna cineraria conviene inoltre alla sensazione, diventata ora più intensa, di sapore salino che, come so, mi costringerà al risveglio.


Il sogno è uno degli strumenti più validi per giungere alla conoscenza dell'inconscio. E' paragonabile ad un iceberg: la parte emersa rappresenta la coscienza, quella sommersa, la maggiore, è l'inconscio. Il sogno presenta un contenuto manifesto ed uno latente: il primo è ciò che ricordiamo, il secondo è il vero contenuto del sogno che dovrà essere interpretato per essere compreso. Il contenuto del sogno viene trasformato da noi stessi per una mancata accettazione.



Il Test di Luscher

Lo psicologo, psichiatra e filosofo svizzero Max Luscher (1923)  ha steso un interessante il “test dei colori “(1949), che trovò rapida diffusione negli anni '60 in tutta Europa e negli Stati Uniti, basato sull’assunto che una particolare attrazione o repulsione nei confronti di un determinato colore siano riconducibili a particolari stati psicofisici ed emozionali che ogni colore ed ogni combinazione cromatica generano nell'osservatore (postulato che è alla base, fra l'altro, della cromoterapia).

Quindi, secondo Luscher, alla visione dei colori e delle combinazioni cromatiche si genera una precisa risposta comportamentale, emotiva, fisica, cosicchè la predilezione o il rifiuto per un determinato colore possono rivelare ben definiti aspetti caratteriali e tendenze emotive nei confronti della vita affettiva e di relazione, tenendo conto anche che la preferenza mostrata verso ciascun colore e le reazioni che provoca nel soggetto cambiano a seconda degli individui e dei vari momenti nello stesso individuo: in breve, i colori parlano di noi, dando precise informazioni su bisogni, desideri, rifiuti, paure, basta saper decifrare il messaggio.


Il test di Luscher si avvale di otto colori, 4 colori base (rosso, giallo, verde e blu) e 4 colori ausiliari (viola, marrone, grigio e nero), che concorrono a descrivere diversi sentimenti di sé.

Il rosso che provoca eccitazione e spinge verso l'attività, denota un senso di forza e di sicurezza, per cui la scelta orientata al rosso corrisponde ad uno stato di attivazione nella direzione di una conquista, ad un desiderio espansivo, all'aspirazione alla mobilitazione di tutte le energie (sessuali ed aggressive): esprime fiducia e sicurezza di sé.
Il blu è la calma, la soddisfazione, la pace interiore, la quiete, l'armonia.
Il verde esprime stabilità, forza, tenacia, costanza, perseveranza, equilibrio psicologico, autostima, riferimento saldo a valori forti.
Il giallo, caldo, irradiante, luminoso suggerisce espansione e movimento, libertà e autonomia, è colore del cambiamento e della ricerca del nuovo.
Il viola, ottenuto mescolando rosso e blu, è il colore della trasformazione, della metamorfosi, del passaggio da uno stato ad un altro, magico, mistico, spirituale.
Il marrone è un colore solido, corporeo, materiale, corrisponde alla sensazione della propria fisicità
Il grigio è il colore neutro di chi prende le distanze dai sentimenti e dalla vita, optando per il non coinvolgimento.
Il nero è il 'non colore', la negazione, l'opposizione dietro la quale può nascondersi un desiderio di rivendicazione di potere.





Inoltre non bisogna dimenticare che la storia e la tradizione di ogni popolo fa si che le nozioni di psicologia del colore che vanno bene per qualcuno siano per qualcun altro completamente sbagliate, fino ad essere vero il contrario: basta dire che se in occidente il colore del lutto e' il nero, in Cina e' esattamente il suo opposto, cioe' il bianco. Detto questo non possiamo certo negare che i colori hanno una grande influenza sulla vita di tutti, e non possiamo nemmeno dimenticare il lavoro sincero e appassionato di studiosi che cercano di capire il come e il perche' di questo.